Thursday, December 21, 2006

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 5
Le trecce di Dub sono bellissime.
Lunghelunghe, tirate sù con il sapone di marsiglia, così caratteristiche.
Gliele ho sempre invidiate.
Gli danno un tocco di sensualità lolitesca che lo rende adorabile ed inquietante allo stesso tempo. Una volta l'ho sfinito così tanto che me le ha fatte.
Mi invitò a casa sua e mi fece accomodare su di una poltrona al centro della sua cameretta, tappezzata di poster di Bjòrk.
-Sei proprio sicura di volerle come le mie, Ele? I tuoi capelli sono così fini ed il sapone di marsiglia li potrebbe rovinare...
-Smettila.Cosa vuoi che faccia, un pò di sapone...
-Ok, se lo dici tu...
Quando finì le raccomandazioni, calmo, mi intrecciò i capelli dolcemente, accarezzandomi con la spazzola fino a modellare due treccione, che tirò sù con abbondanti dosi di schiuma di marsiglia.
Era una scena dolcissima, insolita.
Stranamente,quella scena ricca di tenerezza, mi ricordava un pezzo di Trainspotting dove Rents Boy, il protagonista, preparava uno schizzo a Tommy...
Quando poi, ad opera terminata,mi portò lo specchio, saltellavo di felicità. Erano bellissime ed io ero entusiasta di tornare a casa con le mie fantasmagoriche trecce.

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 6

Quando non riesci a dormire, ti senti come un morto.
Sono a Rimini da sì e no dieci ore, ma già ne ho le palle piene di questa città, anche se adesso sono a letto. Mannaggia, quanto vorrei dormire, in questo momento...
Ho provato di tutto, ma proprio non ci riesco.
Sarà colpa del viaggio.
Il mio compagno di stanza, Dub, dorme come un angioletto.
Guardarlo è il mio unico passatempo, visto che ha il letto a pochi centimetri dal mio. I suoi capelli sono davvero lunghi quando non ha le treccione ed il suo visino, senza trucco è ancora più femminile... Chissà perchè mi ha invitato qui...

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 7
Il mare mi ricorda tanto la mia città.Oh, quanto mi manca Genova...
I suoi vicoli ed i suoi barettini, dove passavo intere mattine a leggere libri di fantascienza,li sogno di continuo.Il mare di Rimini è un pò più sporco di quello di Genova, ma, ogni volta che annuso nell'aria l'odore di salsedine, ritorno con la mente nella mia bella città e provo una dolcissima sensazione.
Quando siamo arrivati in quel di Rimini, erano le 11 di sera.Il cielo era già nero, ma il mare, impercettibile agli occhi, ci dava il benvenuto con leggeri sussulti.
Appena ho appoggiato il piede per terra, rapita da quel dolce suono, ho preso Dub sottobraccio e l'ho trascinato verso la spiaggia (Marco e Clara erano troppo stanchi per seguirci).
Seduti sulla freddissima sabbia, ci siamo messi a filosofeggiare.
"Senti..."-mi fa Rob, poetico.-
Che c'è?
-Questo mare nero...è surreale...-In che senso?
-Mi sembra il portale per un'altra dimensione....
-Beh, è vero...poi questa luna piena è proprio bellissima...
-Già...Mhmmm, ho fame...andiamo a prenderci un panino in qualche chiosco?
-Anche io ho un certo languorino...andiamo!

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 8
Quando me lo disse, pensavo stesse scherzando...
In una pausa pranzo, quando eravamo insieme al corso, gli chiesi:
-Dub, tu quando vai al mare o in piscina,ti metti il costume da uomo, vero?
-No, mi metto quello da donna...
Pensavo mi dicesse una bugia, così, per scherzo...
Oggi era una giornata solare così, visto che i ragazzi erano usciti da un pezzo, Clara ed io abbiamo deciso di andare ad abbrustolirci al sole e farci notare un pò dal sesso forte romagnolo.
Avevo anche comprato un costumino nero che morivo dalla voglia di provare e poi andare a prendere il sole era un modo come un altro per passare un pò di tempo con Clara, per approfondirne la conoscenza.In spiaggia, però, abbiamo avuto un orrenda sorpresa.Illuminati da una luce bianca in stile "shojo manga", Marco e Roberto LaPorta giocavano a beach volley ridendo e scherzando.Marco era "customato" come un ragazzo normale, mentre Dub era indubbiamente osceno.
La pelle bianca del corpo implume era cinta in un due pezzi di marca, a strisce nere e rosse.
Il pezzo di sopra reggeva il niente, ma la riga maliziosa dei pettorali dava l'illusione di un seno microscopico, mentre il pezzo di sotto era una culotte avvolta in un pareo aderentissimo sui glutei perfetti.
Per "completare l'opera", gli occhi erano coperti da un occhialino vintage anni'60 e le mani erano ricolme d'anelli.
Sembrava in tutto e per tutto una maliziosa ragazzina in attesa di un fugace amorino estivo.
"Cazzo ci fai vestito così?!!"- gli faccio, furibonda.-
Stà calma...e parlami al femminile, grazie!!
-Me ne frego...rispondi alla mia domanda!
-Non si vede? Sto giocando a beach volley con il mio migliore amico!
-Ti rendi conto che stai indossando un costume succinto?
-Beh, ho provato a mettere i boxer, ma ero ridicolo...
-No, sei ridicolo così!!!
-Prova a chiedere se sono ridicolo a quei ragazzi lì, sotto l'ombra(indica col dito tre ragazzi arrapati dal suo culetto).
-Saranno tedeschi...senti, non mi va di litigare con te...vuoi vestirti così?Ok, anche se ti trovo disgustoso, hai tutta la libertà di metterti il costume che vuoi...
-Grazie, Puccia(nomignolo che mi ha dato ai tempi del corso)! Volete giocare con noi?
-No, grazie...mi è passata la voglia di stare qui... Clara-chan, vuoi venire a prendere un caffè con me?Lasciamo questo pervertito ai suoi "giochi"...
Inorridita, ho preso la mano di Clara e me ne sono andata, lanciando occhiate biforcute al "bello fighero" che, non curante, continuava a giocare a palla con il suo amichetto.

capitolo iniziale capitolo precedente

Monday, November 20, 2006

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 2

E' strano.
Questa casa non mi è mai piaciuta.
Ma quando piove è diversa.
Nelle sue ombre scure, nello scroscio del tetto, ritrovo Rebecca.
E, quando finalmente la ritrovo, piango come piange il cielo sopra la mia testa, dietro questa fredda finestra. Due anni fa, in questa casa, lei pulì la mia anima con la sua luce.
Era la figli dei vicini.
Quel giorno era tutta bagnata, poverina!
Puzzava peggio di un cane bagnato e chiedeva a mia madre, supplicando, se si poteva fare un bagno a casa nostra, visto che si era dimenticata le chiavi per aprire la porta del suo appartamento. Io la osservavo con attenzione, silenzioso ed incuriosito, dalla poltrona del soggiorno.
Le sue trecce, lunghe ed in sù, la sua pelle bianchissima, il suo visino, così angelico ed infantile, infangato da quel trucco nero sugli occhi, sulla bocca, sui pensieri...
Non avevo mai visto, in vita mia, una ragazza tanto bella e penso che non la vedrò mai.
Quando si avvicinò per parlare un pò con me, provai una forte eccitazione, un misto di paura ed emozione.
-Ehi, tu! sei il figlio della signora, vero?
-S-sì, mi chiamo Roberto.
-Io sono Rebecca, ma mi puoi chiamare Reb...scusami, sono tutta bagnata...
-Non importa.Piacere di conoscerti. Rebecca...

Pantagruelle, la papera che mi hai regalato un anno fa, ha fatto i cuccioli. E' un peccato che tu non li possa vedere. Sono così carini...

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 3

Io AMO i centri commerciali.
Anche se amare i centri commerciali non è molto di sinistra, io li amo lo stesso.
Amo questi enormi caseggiati in cui puoi trovare di tutto.
Stamattina sono andata con Dub a fare la spesa all'ipermercato vicino a casa sua.
Gli mancavano alcune cose per il viaggio.
Dopodomani deve andare al mare con Marco, un metallaro borchiato, e Clara, una otaku.
Due ragazzi simpatici, un pò particolari, ma simpatici. Li ho conosciuti ad una serata "EDWARD NORTON" a casa di Roberto. Ho un bel ricordo di quella sera.
Tra un "Fight Club" ed un "American History X" abbiamo bevuto e giocato a carte in allegria ed ogni tanto Clara-chan mi manda un messaggino sul cellulare con sù qualche cazzatina divertente. Dub li conosce da una vita e sono i suoi migliori amici.
Quando me ne parla, ne parla sempre con il sorriso sulle labbra, in modo affettuoso.
Alla fine, anche se Dub mi trascinava, come un bimbo, verso il reparto giocattoli ed il reparto musica, sono riuscita a prendere tutto quello che la signora LaPorta (la madre di Dub, una santa donna!) aveva segnato sulla lista delle cose da prendere.

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 4

-Ciao
-Ciao, Robbie. Come stai?
-Bene...ti ho chiamato per chiederti una cosa...
-Dimmi, sono tutta orecchi...
-Senti, ti avevo detto che il padre di Clara ha un hotel?
-No, non me l'hai mai detto...
-Beh, ha un hotel...ci offre una suite al prezzo di una singola...c'è posto per un'altra persona...
-Mi stai invitando, Dub?
-Beh, in un certo senso...
-Se vuoi vengo, non c'è problema...
-VIeni?!!
-Vengo!!
-Ok, sono contento...
-Anch'io!La spesa andava bene, Rob?
-Sì...mancava una cassa di birra...
-Tua mamma mi ha dato, prima di andare al centro commerciale, una lista da rispettare alla lettera...
-COSA?! Io non sono un bambino che...
-Rob, sanno tutti che hai l'ubriacatura facile...
-Mhmmmmmmmm....Ti saluto, Puccia!
-BUGA,Robbie!
-BUGA,Elenuccia!

capitolo iniziale

Friday, November 17, 2006

Il Compleanno Di Rebecca - Presentazione

Il "Compleanno Di Rebecca" è il secondo romanzetto che ho scritto.
Avevo 19 anni ed è pesantemente influenzato dallo stile di Banana Yoshimoto e dagli shojo manga.
Poi ho attraversato un periodo di buco, ove ho buttato nel cestino circa una ventina di racconti quasi terminati.
E' stato tuttavia un periodo di ricerca, in cui ho trovato una via personale alla scrittura.
Periodo che è finito con l'arrivo di "Maggot".

Il Compleanno di Rebecca mi dà sensazioni contrastanti.
Però mi sembra giusto inserirlo in questo blog, perchè è comunque un mio figlio.

Il Compleanno di Rebecca - Capitolo 1

E' strano.
Questa casa non mi è mia piaciuta, ma, con l'arancio del sole morente, nelle sue ombre scure, diventa bellissima.
Mi chiamo Elena e mi considero una studentessa di psicologia 20enne carina ed intelligente.
Fino a sei mesi fa non avevo amici veri e fingevo di stare bene insieme a persone che odiavo solo per non sentirmi diversa dagli altri. Da sei mesi, però,la mia vita è cambiata.
Ho una persona che rispetto e che stimo e che mi riempie il cuore di un sentimento che non ho mai provato. Un sentimento chiamato amicizia.
Questa persona si fa chiamare Dub ed ha un fascino ultraterreno.
L'ho conosciuta ad un corso di webdesigner finanziato dalla regione.
Quando mi venne accanto per salutarmi per la prima volta, ho provato una strana sensazione. Era come se mi stesse accanto un angelo, un essere asessuato dal trucco gotico.
Non avevo mai visto, nella mia vita, un travestito così raffinato e così ammaliante.
Ne rimasi molto colpita.
Poi, con il tempo, tra una pausa pranzo ed una pausa fumo, imparai a conoscerlo e scoprì un ragazzo allegro, sensibile, ma anche con una forte vena malinconica.
I suoi occhi, così marroni da sembrare rossi, non emettevano luce, quando li guardavo, come se fossero portatori di una grande tristezza tenuta accuratamente nascosta.
Una tristezza che non mi ha mai confidato.
Per questo, anche se il corso è finito da un pezzo, continuo ad uscire con lui.
Perchè voglio scoprire cosa si nasconde dietro a quegli occhi senza luce e voglio consolarlo, quando si confiderà con me.
Perchè io sono sua amica.

Friday, September 01, 2006

Poesie - Aggiornate al 11/12/2007
A volte, scrivo anche poesie, ma non sempre.
Spesso non hanno senso, ma non è quello il mio obiettivo.
Quello che voglio provocare al lettore occasionale è un senso di malessere, un senso di schifo non ben definito.
E quando qualcuno le commenta dandomi del malato mi fa solo piacere.

CAMPI D'ODIO
Odo,
in questa terra nuda,
solo il rumore di chi ha chiuso
gli occhi
per non vedere il sole.
Gira il cerchio nero
sul campo d'odio.
Urla la vita nei pomeriggi ventosi

Pensiero Stanco
Sulle spalle
ho il peso
di quel che non ricordo.
So solo ricordarmi
quello che non dovrei.
E il tuo sorriso è dolce,visto di profilo.

NEON
Vedo solo
la luce che tu emani.
La luce che sprigionano i tuoi
occhi.
Amore,
ti prego,
fà che il tonfo
del mio corpo cadente
risuoni nell'aria.

IDIOZIE
Seduto
su questa sedia,
in questa stanza vuota
vorrei
trovar la chiave,
per diventar qualcuno.
Ma il mondo,
dietro questa stanza,
è solo un' illusione.
E nella mia testa risuona il rimbombo della tua risata.

NUMB STATE
Nel carillon gira
una bambola a mia immagine.
Ed una musica mi assorda
fino a farmi sanguinare

Dentro il Dogma
Vorrei vivere così,
per sempre,
nella scatola nera dei miei pensieri

I miei avi
Guardandomi le mani,
osservo la mia vita e
sento
la morte di chi mi ha preceduto.

PAGLIACCI
Prendi la giubba e la maschera più brutta che hai.
Prendi le cose che ti hanno detto
e buttale nel lago della noncuranza.
Oggi, fratello, distruggeremo insieme
la giostra che non ci appartiene.

BALLO
Lasciate che
i burattini ballino,
per il momento.
La loro vita arderà,
vivida,
nella notte scura.

SOFFIONE
E la mia anima,
come se fosse un soffione,
tristemente si disperde,
lasciando nel petto il vuoto.

Memories
I miei ricordi
sono come
sprizzi di sangue
incastrati nelle piastrelle
bianche
del tempo che scorre.

NON VITA
La mia non vita non è
certo peggio
della continua morte
di coscienze nulle.

p.
Solo il tuo sorriso
rende il mio tempo
meno vano.
E l'attenderti
per sempre
non mi pesa,
se tu sarai la ricompensa.

GOMALASHNAL
Si sta come alberi
in mezzo a un prato,
fermi,
come se tutto
fosse già perduto.

AUTOCOSCIENZA
Chi sono io?
Son la morte che balla
e nello specchio
si riflette.

Wednesday, July 05, 2006

Visto che la prossima settimana sono in vacanza (e andrò anche a Torino con mia sorella per vedere gli Strokes), vi lascio tutta la restante parte del racconto.
Ditemi cosa ne pensate, che cosa vi ha trasmesso e roba simile.
Insomma, sbizzarritevi!

Maggot - Capitolo 13

Ieri, stavo tornando a casa e piangevo, come una fontana.
Non so ancora perchè piangevo, ma ultimamente piango spesso, uscito dall’ufficio.

Non mi ricordo di preciso da quanti anni sono stato assunto.
Ma quando sono stato assunto, eravamo in 4 ragazzi.
Ed ero felice, perchè erano tutti simpatici con me.
Andavamo a mangiare insieme, scherzavamo nelle pause, addirittura a volte mi citofonavano la sera per andare da qualche parte.
A guardare un film, a bere qualcosa, a vedere una mostra.

Poi piano piano i 3 ragazzi hanno inziato ad andare a mangiare con gli altri colleghi, a parlare come gli altri colleghi, addirittura a volte hanno organizzato delle enormi cene con tutti i capi, tutti vestiti in giacca , cravatta e mocassini.

E mi hanno lasciato solo, contro tutto il mondo del lavoro.

Osservo, con l’occhio sinistro, Maggot tenere un tempo desonorizzato, pestando il piede instivalato.
“Ehi, Al! Perchè non ti vesti da Chico Bonito, visto l’importanza del momento?”

Oddio! Chico Bonito NO!

“Ottima idea, signorina Congo!...Amico, se non mi vuoi vedere vestito da Chico Bonito, devi scegliere entro al 3. 1.....2.....e tr...”
Mugugno, mugugno fortissimo.
Preferisco morire, piuttosto che vedere un’altra volta Alberto Beta vestito da Chico Bonito.

Maggot - Capitolo 14

Appena la canna mi lascia libero di parlare, urlo, con tutta la forza ed i polmoni che ho in corpo il mio odio per Chico Bonito.
Perchè quando Alberto si traveste da Chico Bonito si mette un paio di baffoni neri di nylon, un cappello da cowboy, un gilet di pelle viola e si mette a parlare in uno spagnolo maccheronico.
E non è una cosa bella da vedere.
Ho ancora gli incubi, dall’ultima volta in cui si è travestito.

Maggot mi esorta a preferire lei.
Alberto mi punta ancora la pistola.

Mi giro verso Margot, con la faccia da cucciolone e biascico un “Pasticcino, spero che capirai...” e poi guardo fisso negli occhi Chico Bonito.

“SCELGO TE, ALBIE! SCELGO TE! NON MI AMMAZZARE!”
“Ok! Sono contento, grazie! Adesso però vado un attimo in bagno. La lavatrice ha finito di centrifugare...”

Maggot - Capitolo 15

Alberto sta per recarsi felice al bagno, quando, come colto da improvvisa fulminazione, si ferma, si gira, si schiarisce la voce e guarda Maggot con fare vago.
“Senti, Margot”- fa, mettendosi una mano fra i capelli. Essendo completamente rasato, è una cosa molto buffa -“ hai per caso quei 50€ che mi devi? Per caso...”
“No, oggi no. Ho appena comprato una mazza nuova e...ma poi perchè ti dovrei dare 50 €?”
“La settimana scorsa mi hai rotto la TV a mazzate, ti ricordi?”
“Ahhhhhhhhhhhh....ok, ho capito....cavoli, dovresti pagarmi tu!...era tutta logora e si vedeva in bianco e nero e...”
“Si vedeva in bianco e nero perchè ERA in bianco e nero!”
“Oh, scusa....vabbè, adesso non li ho, e non so quando li avrò...sai, sono precaria...se ti premono tanto, chiedili a Sweet Honey Pie!”

Sweet Honey Pie sarei io.
Io ormai lavoro per pagare i danni che fa lei.

Maggot - Capitolo 16

Appena siamo soli, abbraccio la signorina Congo.
La abbraccio con tutta la forza che ho, con tutta la tenerezza che ho.
E dolcemente annego nel suo odore, fatto di fango e biscotti al cioccolato, di spaghetti alla soia ai gamberetti e sapone di marsiglia.
Un odore che alla prima annusata può sembrare terribile, ma alla seconda già suona familiare, suona dolcissimo.

“Ehi, Piccolo...cosa c’è? Ti sei spaventato?”-mi fa, accarezzandomi la schiena.
“Sì....posso stare così finchè non torna?”
“Certo. Sei sempre ben accetto!”

Maggot - Capitolo 17

La prima volta che sono uscito con la mia ragazza, siamo andati ad una sala giochi enorme nei pressi della stazione.
La seconda volta, siamo andati al cinese.
La terza volta, siamo andati a vedere un film horror.
Da quando lei ha deciso (perchè nella nostra coppia, prende sempre lei le decisioni!) di diventare la mia ragazza, abbiamo sempre scelto di andare nei posti dove nessun altra coppia avrebbe il coraggio di andare.
Perchè, grattando la crosta, siamo due persone odiose, che non sopportano di essere un numero, una statistica, un grafico a torta pubblicato nella pagina della cronaca di qualche giornale nazionale.

Non so se avremo mai un figlio.
Ma passiamo delle ore, sdraiati sul suo letto a forma di bara, a pensare a nomi originali per la nostra genia, ed ogni mese ne troviamo di nuovi.
Per ora, il nome più quotato per una nostra probabile figlia è Tagliatella, ed il nome più quotato per il maschio è Benito, ma solo se è un bambino musone.

Maggot - Capitolo 18

Mentre in bagno c’è qualcuno che toglie le mutande dalla lavatrice, canticchiando canzoni sconosciute, la donna che amo giochicchia con la pistola che per un tempo infinito mi è stata puntata alla gola.
Con i suoi profondi occhi neri, cerca di leggere le scritte intagliate nel metallo e con fare da esperta la scruta, la pesa, la studia.
“E’ finta!” -mi fa, quasi come se mi insultasse - “Cazzo! E’ finta! Sei stato per non so quanto con una stupidissima pistola finta in bocca!”
“Come fai a sapere che è finta? Perchè tanta convinzione?”- ormai non credo più a nessuna delle panzane che le due persone più importanti della mia vita mi rifilano...
“E’ troppo poco pesante, il buco è troppo piccolo...fidati, sono un’ esperta!”
Stupito dall’uso poliedrico dei termini tecnici dell’esperta, ancheggio sulla sedia per trovare una posizione più comoda.
Dopo un tempo imprecisabile di inginocchiamento forzato, il mio sedere non si riesce a trattenere per la gioia.
“Secondo te, perchè lo ha fatto?” - Maggot mi guarda, con gli occhi socchiusi.
“Non saprei, Mag...sarà una delle sue solite buffonate...”
“Bah, non so. Mi sembrava più serio del solito...credo che abbia paura di perderti!”
“Perdermi? Perchè?”
“Secondo te, quanti amici ha Alberto oltre noi? Secondo te quanti lo hanno abbandonato dopo aver trovato una ragazza con cui fare un pò di BOOM BOOM SHAKALAKA?”
“BOOM...che?”
“Dài, che hai capito...vuoi abbandonarlo?”
“No. Lui è il mio migliore amico!”
“Glielo hai mai detto?”
“No, non ricordo...”
“Diglielo! Io ti ho detto che ti amo, ieri. Abbi lo stesso coraggio anche tu! Sai quanto è difficile dire ‘ti amo’, bello?”
“Non lo so. E’ stato difficile per te, Maggot?”
“Pensavo fosse molto più difficile, in verita...”

Maggot - Capitolo 19

Alberto esce dal bagno con una bacinella di plastica gialla con dentro panni multicolore, canticchiando una canzone da ballo latinoamericano.
Non so dove l’abbia sentita, visto che in questo buco si sente solo rock indipendente ed alternativo.
Ai miei tempi, rock indipendente e rock alternativo erano sinonimi.
E i gruppi erano schitarrati, un pò dark, un pò garage, ed a me piacevano tanto.
L’altro giorno ho letto, in un giornale di musica, un articolo che appellava come indipendenti gli Strokes.
Gli Strokes non mi sembrano indipendenti.
Gli Strokes non mi sembrano rock.

“Bella la pistola, Al. Sembra quasi vera...” - fa Maggot, rivolta alla schiena di Alberto, che è intento a stendere i vestiti freschi di bucato sullo stendibiancheria
“Ah, è vero. E’ bella. Ma E’ vera! E stà attenta a non premere il grilletto, perchè è carica!”

Maggot - Capitolo 20

Maggot si alza in piedi di scatto, tenendo mollemente in mano la bella e vera bocca da fuoco
“Ma ti sei rimbambito?”- fa Mag, aprendo la bocca sbalordita - “pensavo...pensavo...fosse uno scherzo...pensavo fosse un modo come un altro per spaventare un pò Paolo, ma non pensavo...
ti sei bevuto il cervello...”
Alberto guarda un punto nel vuoto, cercando di non incontrare lo sguardo severo di Margot.
“Non volevo fargli male...un mio amico me l’ha data e volevo provare cosa...”
“Tu non hai amici, Alberto. Tu non hai amici...hai solo noi...” - Una riga di lacrime le riga il volto lentiginoso e i suoi occhi sembrano pozze ricolme d’acqua
“Ok, Margot. Mi dispiace. Ma non avrei MAI fatto niente a Paolo, ma volevo solo che lui ti lasciasse. Tu me lo stai portando via!”
“Innanzitutto, ho conosciuto prima io Paolo e quando ti ha conosciuto a quella festa di merda noi due eravamo già usciti per ben 5 volte!” - e gli lancia in faccia la mano aperta, ansimando per la fatica. L’amore mio santo non è tanto atletico e ogni cosa le fa venire il fiatone...

Mi piace quando si discute di me come se io non ci fossi.
Mi ricorda la mia infanzia, mi ricorda i miei genitori.
Ed io, ogni volta che i miei genitori litigavano per me, mi alzavo dopo un pò, davo a tutti e due un bacino e tutto tornava apposto.
O almeno, tutto tornava apposto per poco.
E così faccio ancora, con la mia nuova famiglia.
Bacio Albie e bacio Maggot e tutto ritorna apposto.

Ovviamente bacio Mag in modo diverso da Al, ma non importa.
Quel che importa è mettere tutto apposto.

Maggot - Capitolo 21

Un altro personaggio del vile cabaret che è “La favolosa vita di Alberto Beta”, entra in scena, utilizzando la porta fintamente blindata, mentre sto ancora tranquillizzando in soggiorno i bambini piangenti.
Si tratta di Chen, la colf cinese appena maggiorenne che si occupa indefessamente di deratizzare questa topaia ogni giorno.
E’ una ragazza di media altezza, di media bellezza, di media magrezza ma con un cuore enorme ed un gusto fine ed un pò tendente agli anni ’70 nel vestire.
Albie la ama.
Tutti lo sanno, anche se lui non lo dice a nessuno.
Tutti lo sanno perchè, quando c’è lei, lui si comporta meccanicamente ed è colto da improvvisi abbassamenti di voce.

“Ciao a tutti! Perchè Alberto e Margot stanno piangendo, Paolo?”
Il bello di Chen è che non ama i soprannomi.
Usa sempre i nomi interi, anche se uno si chiama Gianfilippo.
Ho un collega che si chiama Gianfilippo, e non mi invita mai a prendere un caffè.
“Niente, Chen...” - faccio io, sussurrando per non alterare gli animi scombussolati - “...si vogliono bene e a volte litigano....”
“Ah, ho capito” - mi sussurra anche lei, mettendo a posto con gesti sicuri il colletto della camicia di Alberto, che è seduto sul divano.
Guardandoli da fuori, Alberto e Chen sembrano due sposini.
Il marito bambinone e la mogliettina paziente.
E forse lo sarebbero, se avessero il coraggio di dichiararsi.

Maggot - Capitolo 22

Mi siedo sul divano con Alberto, a guardare Chen indiffarata a spazzolare.
E Mag, seduta da camionista sulla sedia di plastica del soggiorno, mi guarda con aria torva.
Ma lei non sa che io non so cosa vuole significare quello sguardo torvo.
E quindi rimango a cronometrare, fissandola, i secondi che la separano dalla espressione verbale dei suoi pensieri.
1, 2....
Il sole sta quasi tramontando, rilasciando nel cielo un’esplosione rossa.
E tutto diventa rosso, nel soggiorno.
Rossi gli occhi di Alberto, rosso l’atarino di Dalila, rosso il piattino pieno di briciole e pezzi di tonno sopra il tavolino da picnic.
Ed io quasi mi addormento, ipnotizzato dal conteggio e dal rosso che bagna ogni cosa.
20, 21, 22...
Non voglio ritornare a casa.
Non voglio tornare a lavoro, domani.
Forse posso cenare a casa della mia ragazza, stasera.
La signora Congo è sempre contenta di ospitarmi.
Prima del mio arrivo, sua figlia la minacciava continuamente e la insultava.
55, 56, 57...
Dice sempre che, se lei adesso non si vergogna più della sua secondogenita, è tutto merito mio.
I genitori odiano essere genitori, ed aspettano con trepidazione il momento in cui qualcuno prenda il loro posto.
Alcuni aspettano anche tutta la vita.
Poi si lamentano di aver figli aggressivi e maleducati che...

“Paolo, mi porteresti a casa? Mia madre mi ha appena fatto uno squillo e, sai com’è...”

Sta migliorando. Ci ha messo solo 60 secondi per esternare verbalmente il suo pensiero.

“Sì, so com’è, Maggot. Mettiti la giacca e andiamo!”
“Ok!”- e si infila il sopravito primaverile, che già da un paio di minuti aveva tolto dall’appendiabiti vicino alla porta, avvicinandosi a me con piccoli passi sgraziati - “Ciao a tutti, ragazzi! Ci vediamo domani!”
Mi alzo e le prendo la mano.
La sua mano calda, piccola e soffice.
La mano della mia ragazza, di mia figlia, della mia migliore amica, del mio sogno realizzato.
E apro la porta aperta.

Maggot - Capitolo 23

Per arrivare a casa Congo partendo da casa Beta si deve per forza attraversare un enorme stradone di frontiera dove passano i tir ad ogni ora del giorno.
In passato ci sono stati stupri e violenze in questa zona e tre anni fa anche un omicidio, di cui ha parlato però solo la stampa locale.
Se non ricordo male, la vittima era un piccolo spacciatore, l’ultima ruota del carro di una grossa associazione criminale.
Margot ha sempre paura di passeggiare, dopo il tramonto, per questa strada.
E quindi io la riaccompagno per darle coraggio, per picchiare chi ha intenzione di stuprarla e per chiamare la polizia se qualcuno la vuole uccidere.
Ipotesi molto improbabili, ma comunque possibili.

“Lo sai che oggi potevi morire, Honey Pie?” - mi fa, stringendomi la mano. Oggi si è messa lo smalto nero su tutte le dita, e quello rosso solo sui due medi.
“No, non penso, anche se, in verità, ho avuto un pò di paura. Alberto vive nel suo mondo e certe volte fa fatica ad uscirci, ma non è pericoloso come te!”
“Già! Essere pericolosi è un lusso concesso a pochi eletti!”
“Oggi tua madre cosa fa di buono?”
“Mi sembra pasta ai carciofi...”
“Che schifo, Mag. Come fate a mangiare quella roba?...”
“Sai, non tutti vivono di panini al tonno come te! Ti piace la mia nuova mazza?”- la sfodera dal suo portamazza, la impugna saldamente e comincia a tirare colpi nel vuoto – “L’ho presa rossa, visto che il rosso è il tuo colore preferito!”
“L’hai presa pensando a me? Dovrei sentirmi onorato?”
“Certo, amore, certo!”

Maggot - Capitolo 24

Appena entrato in casa del mio amato bene, il mio nasino viene colpito da un forte odore di carciofi, che sfrigolano allegramente nella padella antiaderente che la signora Congo tiene in mano con sicurezza.
In un bilocale piccolo e stretto, l’odore di fritto rimane per giorni e giorni.
“Ohhhhhhhhhhh, ciao ragazzi! Com’è andata oggi? Vi siete divertiti?”- la madre di Margot lascia gli allegri carciofi al loro destino e viene ad abbracciarmi con forza e a baciarmi con passione la guancia con le sue tumide, tumide labbra.
Come al solito, questa sceneggiata serve solo per sussurrarmi un “ti ha dato problemi oggi?” senza che sua figlia se ne accorga.
Ed io, come al solito, faccio segno di no con la testa, coprendo anche la più efferata malefatta della psicopatica.
Ho fatto segno di no con la testa anche quel giorno della vetrina rotta.
Ho fatto segno di no con la testa anche quella volta in cui siamo andati dietro a quel corteo di facinorosi, autonomi e esponenti dell’estrema sinistra per puro divertimento.
Mi rimbomba ancora nelle orecchie, nei momenti di silenzio, il POLI-ZIOTTO-PEZZO-DI-MER-DA, che fu la colonna sonora di quel giorno.

“Paolo, vuoi restare da noi a mangiare? Sai che a noi due fa sempre piacere...Margottina ti ha già fatto vedere la nuova carta da parati?”
“Ah, sì, Paolo!”-fa Maggot, dismemerizzandosi per un nanosecondo dalla sua fulgida mazza nuova – “La vuoi vedere?”
“Con vero piacere, picciotta. Ah, per la cena... Mi dispiace, signora, ma devo finire un lavoro urgente che mi hanno dato oggi in ufficio...”

Che scusa ridicola!

Maggot - Capitolo 25

La camera di Maggot è un bugigattolo di un metro per un metro.
E sarebbe pure grazioso, con quella sua aria privata, se non fosse arredato come il set di un film dell’orrore di serie B.
”Ecco, Paolo! Guarda che bella!” – l’arredatrice pazza mi presenta la sua ultima creazione, sedendosi comodamente nel suo enorme letto bara fatto in legno di vero rovere.
Ed io giro lo sguardo, seguendo la direzione che indica il suo indice bianco per osservare con fare da critico d’arte, la carta da parati chiara, di tonalità panna, con fiori rossi.
“L’ho vista in un film che ti ho preso, una di quelle merde coreane che ti guardi solo te ed ho pensato ‘Ehi, starebbe troppo bene abbinata alla mia parete imbottita’...non trovi che stia benissimo?”
“Carina”-le dico, anche se sto pensando ad altro.
Sto pensando al fatto che si è presa per sempre un altro dei miei film preferiti.


Maggot - Capitolo 26

Mentre cerco di uscire da casa Congo, la padrona di casa prova un ultimo tentativo per tenermi qui ancora un pò perchè due secondi da sola con sua figlia, per lei, sono troppi.
Deve smetterla di vedermi come il Messia.

“Dài, Paolo. Perchè non resti? Se non ti piacciono i carciofi, puoi passare pure al secondo...”
“Signora, lei è come al solito gentilissima, ma adesso devo andare. Sarà per la prossima volta, ok?”

La osservo osservarmi con il broncio, mentre esco.
Ed io le chiudo, gentilmente, la porta in faccia.
E rido, perchè ho liberato dalla sua prigionia la mia principessa rapita.
Nella tasca del mio giubbotto, sigillato dalla zip, ora risiede un astuccio rosso che ho trovato sul comodino vicino al letto del mio sole.
Su di esso, scritto con un pennarellone nero, c’è scritto “Medicine Margot”.

Margot Congo non ha niente che non va.
E’ il mondo, ad essere malato, satanico, cattivo, bugiardo, osceno.


Maggot - CONCLUSIONE

Oggi splende il sole.
Ed io sono chiuso qui, in questo grigio ufficio, a fare un lavoro che non mi piace, attorniato da scimmie urlatrici che aspettano solo di sodomizzarsi a vicenda.
Questo è il mio lavoro.
Sono stipendiato da un istituto di ricerche per studiare questa interessante specie che si nutre solo di caffè decaffeinato e tramezzini confezionati.

Ieri, mentre andavo a lavoro, un pullman di linea pieno di bambini salutanti mi è sfrecciato davanti, con aria di sfida.
Ed io non ho fatto altro che raccogliere il guanto che mi era stato lanciato, correndo a più non posso, con la mano oscillante.

I bambini sono morti dal ridere ed io sono morto 5 minuti dopo, sul bordo di un marciapiede.
Ma mi sono bastati 5 minuti per mandare loro un messaggio mentale.
Un messaggio che solo chi è pieno di vita può ricevere.
BAMBINI, NON FATEVI PRENDERE PER IL SEDERE.
NON DIVENTATE GRANDI.
VIVETE ODORANDO IL CIELO, TOCCANDO L’ARIA, SPARANDO FIORI DALLE DITA.
FATE FIORIRE UN MONDO MIGLIORE...FATE FIORIRE UN MONDO MIGLIORE....

Un mondo dove un bugiardo patologico non verrà mai lasciato solo.
Un mondo dove una bambina triste verrà comunque amata.
Un mondo dove i tonni nuotano liberi nei mari.

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Tuesday, July 04, 2006

Maggot - Capitolo 10

Finiti i panini, Alberto mi infila il freddo metallo sù per la gola.
La canna è così fredda che i denti mi dolgono tutti.
“Ehi, Al, perchè ti devi divertire solo tu? Voglio tenere io la pistola in bocca a Paolo. E’ il mio uomo!”
“No, Mag! Tu sei dipendente da psicofarmaci...potresti farti male. O farlo a lui!”
“Uffa...diglielo, Paolo! Digli che vuoi essere minacciato da me! Dài....”
Mugugno.
Margot-del-mio-cuore mi sorride in modo strano, socchiudendo gli occhi con aria sorniona.
“Vuoi DAVVERO essere minacciato da lei, amico?”
Faccio finta di pensarci un secondo sù, poi faccio segno di no con la testa.
“Uno a zero per me, Maggot!”
Detto questo, il mio non-più-tanto-male aguzzino mi strizza l’occhio, mimando con la bocca un “hai rischiato grosso!”.

Maggot - Capitolo 11

Ho rischiato molto grosso, perchè Maggot è quella che si dice una “ragazza problematica”.
A 10 anni i suoi genitori hanno divorziato e lei è entrata in depressione.
A 11 ha tentato di soffocare una ragazzina solo perchè l’aveva chiamata ‘bastarda’.
A 12 ha tentato il suicidio.
A 14 si è chiusa in camera sua per studiare l’opera omnia di Giovanni Verga.
Ne è uscita dopo due anni, con in mano una relazione di 300 pagine.
A 18 anni è stata arrestata per disturbo della quiete pubblica.
Cantava a squarciagola “Behind The Wall” di Tracy Chapman, sdraiata in mezzo alla piazza principale.
Erano le 3 di notte.
A 20 anni è rimasta incinta di un ragazzo conosciuto in chat.
Ed ha abortito.

E a 21 è stata due ore a spiegarmi i suoi precedenti 20 anni.
E mi ha abbracciato piangendo.
Perchè nessuno aveva mai ascoltato la sua storia, perchè nessuno aveva ancora capito il motivo che la spingeva a fare cavolate senza logica.

Maggot - Capitolo 12

Da quante ore sono qui? Quante me ne saranno detratte dalla busta paga?

Poco me ne importa.
Mi sento così sereno, adesso, anche se ho una Beretta puntata alla gola.
Mi sento così sereno... senza scadenze, senza pranzi aziendali, senza il continuo e logorante vociare, senza l’odore meccanico delle macchinette del caffè, del caffè delle macchinette.

L’aria che esce dalla finestra è fresca, il sole che filtra dalla stessa mi riscalda la gamba, dandomi tepore.
E sono circondato dalle persone che amo.

Fuori di noi, c’è un mondo bellissimo e sereno.
Il mio cuore, rattoppato con lo scotch, continua a pulsare.

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Intermezzo: How to promote DogmaHall

Codice Banner (da copiare e mettere dove si vuole!):


Anteprima:
Sono vittima di DogmaHall!

Monday, July 03, 2006

Maggot - Capitolo 8

Suona la porta, mentre io sto mangiando.
Odio dover vedere chi mi disturba, se mi disturba mentre mangio.
Ma questa è casa di Alberto, quindi è lui, a doversi scomodare.
E quindi continuo a mangiare.

Sbuffando, il mio aguzzino apre la porta ed un uomo calvo irrompe nella topaia.

“Ehi, stronzetto! Cosa cazzo hai fatto a mio figlio?”-e incomincia a scuotere un ragazzino per il bavero della camicia sintetica.
Un ragazzino che ho già visto da queste parti.
L’altro giorno stavo aspettando un pullman per andare a lavoro e lui era lì, in penombra, a orinare sul muro

“Scusi, ma...”- Alberto cerca di parlare, ma non ci riesce. Gira la testa e mi guarda, con occhi mesti.
“Scusi un CAZZO! Se si azzarda ancora a minacciare di morte mio figlio, giuro che la ammazzo!”

Il ragazzino sussura “bravo, papà”.
Il mese scorso stavo camminando in centro perchè dovevo comprare delle nuove ciabatte e lui era lì, in penombra, a bruciare dei manifesti.

“MA GUARDA SE ‘STO FIGLIO DI UNA PUTTANA MI ASCOLTA! BELLO, CHI TI CREDE DI ESSERE?”
Paonazzo l’uomo calvo sbava, digrignando i denti e serrando i pugni.

Stranamente calmo, Albie chiude gli occhi ed una dolce musica gli esce dalla bocca quasi socchiusa, in risposta ai latrati dell’uomo.
“Capisco cosa vuol dire, signore. Ma forse lei sta sbagliando. Io non ho minacciato suo figlio.
Gli ho solo detto di rispettare gli altri.
E lui mi ha lanciato un sasso.
Ora, se lei vuol fare a botte con me, lo faccia.
Mi ammazzi pure.
Ma si ricordi che la violenza non porta mai a nulla di buono...
Sa, anche io sono ben tentato dal farla fuori, visto che lei è entrato prepotente in casa mia sbraitando, ma non lo faccio.
Perchè faccio da anni corsi di karate per bambini ed insegno loro la non violenza.
Impari a non essere violento.
E sia una guida giusta per suo figlio, e non un brutto esempio.
Buona giornata!”

Il calvo ometto, come pietrificato, guarda il lento chiudersi della porta, stringendo la mano al piccolo teppista.
E Albie ha gli occhi gonfi di acqua pronta a scendere lenta.

“Ricorda Paolo. Ricorda. Molti sono gli ignoranti di pace. Compito nostro è insegnargliela. Dimmi quando finisci di mangiare, che ti rimetto la pistola in bocca....”

Maggot - Capitolo 9

La porta si apre, mentre io mangio, dopo solo pochi secondi dalla visita del capellone.
Ed è Margot.

La porta di casa di Albie sembra una porta blindata, ma, se è una porta blindata, è una porta blindata sempre aperta.
Alberto dice che ha qualcosa di marcio dentro che non la fa chiudere.
Ma, conoscendolo, credo solo che si dimentichi di chiuderla.
E quindi è sempre aperta.

Circa un mese fa, è entrato un ladro, di notte.
C’eravamo io e Maggot in casa, quella notte, ed Alberto era andato a prendere il latte al negozietto aperto tutto la notte che c’è alla fine della strada.
Meno male che Maggot aveva portato la sua fedele mazza da baseball in alluminio.

Maggot si porta sempre dietro una mazza da baseball.
Perchè adora prendere a mazzate le televisioni rotte.
Ed io adoro Maggot, perchè è l’unica che mi capisce a fondo e che mi fa sentire a mio agio quando ho finito gli argomenti di cui parlare.

Ed io la amo così tanto.
Potrei osservarla per ore provando sempre lo stesso fortissimo sentimento e....

“Cosa state facendo? A cosa vi serve quella pistola?”
Aprendo le gambe, si siede ed appoggia il petto sulle schienale. E mi manda un bacio.
“Niente, stavamo solo mangiando un panino...”- Alberto risponde, sputando pezzi di prosciutto.
“Ah, ok! E la pistola?”
“Ah, quella! Beh, quella serve per Paolo. Visto che è indeciso tra me e te, lo sto minacciando con una pistola!”
“Ah, forte! Scegli bene, amico!”-mi fa, divertita, simulando una pistola con la mano destra.

Amo Maggot, ma quando fa così non la sopporto!

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Sunday, July 02, 2006

Maggot - Capitolo 6

Il mio aguzzino, mentre osservo la foto in bianco e nero dell’altarino, posa sul tavolo da picnic di fianco a me un minuscolo piatto di porcellana con disegni cinesi blu.
Il panino sopra di esso ha un aspetto invitante, con i pezzi grossi di tonno che escono trionfanti dalla loro prigione di pane.
“Ovviamente, per mangiare, puoi toglierti la pistola dalla bocca.”
“Grazie”- gli faccio, mentre un filo di saliva unisce ancora l’arma alla mia bocca.
“..Però non farmi domande sul perchè ti sto puntando una pistola in bocca, va bene?”
“Va bene”
“Adesso mangia!”
“Va bene”
“Ho preso quel tonno costosissimo che piace tanto a te. Perchè ho pensato: ‘se per caso Paolo venisse da me a farsi un panino, almeno so cosa metterci dentro’...”
“Sei carino. Grazie!”
“Ti piace?”
“Fammelo almeno addentrare...poi ti dico...”
“Ah, ok! Scusa! Accendo la TV? Vuoi sentire un pò di musica?...ho il CD di un gruppo che ho scoperto da poco e...”
“Mi lasci mangiare in pace?”
“Ah, ok! Scusa!”

Maggot - Capitolo 7

La sera che ho conosciuto Alberto, avevo voglia di fare altro.
Prima che venissero mia sorella e mia madre a prendermi di forza, urlando “DEVI CONOSCERE NUOVA GENTE, NON PUOI STARE DA SOLO PER TUTTA LA VITA!”, io ero intento a guardare per la seconda volta “Ju-On “ di Takashi Shimizu.
Perchè la prima volta, un film si guarda.
La seconda volta, invece, si studia, si contempla, come ogni opera d’arte.
E si sente in originale sottotitolato, se è un film straniero.
Perchè anche la voce è parte della recitazione, perchè la recitazione si fa con tutto il corpo.

Quella era la mia vita, quella è la vita che avrei fatto per sempre.
Chiuso in camera, vedendo film.Una non-vita.

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Thursday, June 29, 2006

Maggot - Capitolo 4

“Ho fame, Paolo. Se mi faccio un panino, tu puoi tenerti la pistola da solo?”
Mugugno
“Grazie! Ci metto due minuti...”
Mugugno. E mi punto la pistola in bocca.

La canna è un pò sporca, come tutto il resto di questo appartamento.
Sugli angoli, i gatti e le ragnatele regnano e l’intonaco si sta lentamente staccando a pezzi, lasciando voragini.
L’unica cosa perfettamente pulita, perfettamente in ordine, vicino alla porta che dà sul corridoio, è l’altarino dedicato a Dalila, la defunta moglie del proprietario di questo porcile, con le sue calle sempre fresche e bagnate ogni giorno con cura ed amore.

“Paolo. Vuoi anche tu un panino?”
Mugugno.
“Se non mi ricordo male, sei un fanatico del tonno...ci vuoi anche la maionese?”
Mugugno più forte, contrariato.
Perchè la maionese uccide la delicatezza naturale del pesce.

Maggot - Capitolo 5

A Dalila piacevano le calle, perchè da bambina sua madre le coltivava nel giardino ed ogni suo ricordo piacevole dell’infanzia era legato indissolubilmente a quel loro odore fresco.
E, per farle ricordare ogni giorno i giorni spensierati, mentre tornava a casa la sera, Alberto gliene comprava sempre una.

Solo una volta, un mese fa, Alberto mi ha parlato dell’amore della sua vita.
Era un giovedì notte, e, come ogni giovedì notte eravamo sdraiati a vedere le stelle e a dare a quei piccoli punti luminosi nomi assurdi.
Ed era un gioco che lo divertiva sempre molto.
Ma stranamente quella volta, mentre io battezzavo un gruppo circolare di quattro stelle ‘Panda Psichedelico’, lui non rideva sguaiato come al solito.
Singhiozzava rumorosamente, ricordando il passato.

Quel giovedì era il secondo anniversario del loro matrimonio.
Ed era per questo che, condensando tutti i loro 10 anni (9 di fidanzamento (dei quali 3 di convivenza) + 1 di matrimonio) di storia d’amore in 2 ore e mezza, mi raccontò la bella storiella delle calle.

Ma, nella vita di Albie, c’è molto di inventato e poco di vero.

Forse Dalila non è morta, perchè in realtà non è mai esistita.
E forse la foto in bianco e nero che troneggia sull’altarino vicino alla porta che dà sul corridoio è solo un’immagine presa da un giornale.

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Wednesday, June 28, 2006

Maggot - Capitolo 2

Maggot era uno dei casi umani che trattava mia sorella.

Ogni sera mia sorella invitava una ragazza ex-bulimica o ex-drogata a casa e si chiudeva in camera con lei per ore, a pregare davanti ad un armadietto di rovere aperto.
E dopo circa un’ora, di norma, la povera disperata usciva, con il libricino ‘Felicità in questo mondo’ in mano e le lacrime lente che rigavano le guance.
Non so perchè mia sorella lo facesse, ma penso che fosse per qualche cavolata del tipo ‘il mio scopo è aiutare le persone’...

Margot Congo, a differenza degli altri scarti della società, è uscita dalla camera dopo dieci minuti.
Perchè non voleva pregare.
Non voleva bere the caldo allo zenzero.
Non voleva leggere un passo del “Colloquio con i giovani” di Daisaku Ikeda.
Voleva solo che qualcuno l’ascoltasse.
Ed io, quella volta, l’ho seguita correndo, mentre lei piangeva.
E le ho afferrato la mano.

Maggot - Capitolo 3

Prima di Margot e prima di Albie, il lavoro era la mia vita.
E non perchè adoro lavorare, sia bene chiaro.
Ma perchè oltre al lavoro non avevo niente.
Zero vita sociale, niente ragazza, niente partitella domenicale a calcetto.
Niente di niente.
E quindi il sabato andavo a prendere libri, fumetti, dvd e CD, e domenica li consumavo.
E domenica era per me un giorno felice, perchè mi immaginavo di essere un altro e di vivere attraverso quelle pagine e quei supporti magnetici.

A quell’epoca mi capitava spesso di piangere davanti ad un film horror giapponese.
Perchè, per un giorno, smettevo di sentirmi un patetico omuncolo.


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Maggot - presentazione
Maggot è l'ultimo racconto che ho fatto.
Risale a marzo/aprile di quest'anno, se non sbaglio.
E ad esso sono legate tante brutte sensazioni.
In quel periodo trovavo il mio lavoro (faccio con odio il programmatore) davvero angosciante, mi sembrava quasi un mare oscuro in cui ogni giorno affondavo.

E' un racconto che principalmente parla di amicizia.
E di amore.


Maggot - Capitolo 1

Non so bene se è finta o meno.
Sta di fatto che Albie, il mio migliore amico, mi sta puntando una pistola alla bocca, al centro del suo sudicio appartamento.
E non so bene se preoccuparmi o meno.
Perchè Albie è capace di dire e fare ogni cosa, ed io lo so bene.

Quando ci siamo conosciuti, ad una festa alla quale nè io nè lui eravamo stati invitati, lui, rubando dell'argenteria dal cassetto della bianca cucina, mi raccontava di aver visto Gesù dentro ad un vagone della metropolitana, intento a leggere attentamente 'Il Codice Da Vinci".
Ovviamente ho pensato fosse un pazzo, ma non tanto pazzo quanto le persone lobotomizzate e fintamente omosessuali che ballavano canzoni di Mrs. Ciccone dietro la porta chiusa.
Non tanto pazzo quanto me, che prima di conoscerlo pensavo di farla finita per via del mio lavoro di merda.
Ed adesso lui, l'uomo che mi ha dato una nuova speranza, è qui, dinanzi a me, che con voce calma mi impone una scelta.

'DECIDI: ME O QUELLA STRONZA! RISPONDI ATTENTAMENTE...'

Forse sto realmente rischiando di morire, ma non mi importa.
Perchè Maggot, ieri, mi ha detto che mi ama e quindi posso morire in pace.