Thursday, June 29, 2006

Maggot - Capitolo 4

“Ho fame, Paolo. Se mi faccio un panino, tu puoi tenerti la pistola da solo?”
Mugugno
“Grazie! Ci metto due minuti...”
Mugugno. E mi punto la pistola in bocca.

La canna è un pò sporca, come tutto il resto di questo appartamento.
Sugli angoli, i gatti e le ragnatele regnano e l’intonaco si sta lentamente staccando a pezzi, lasciando voragini.
L’unica cosa perfettamente pulita, perfettamente in ordine, vicino alla porta che dà sul corridoio, è l’altarino dedicato a Dalila, la defunta moglie del proprietario di questo porcile, con le sue calle sempre fresche e bagnate ogni giorno con cura ed amore.

“Paolo. Vuoi anche tu un panino?”
Mugugno.
“Se non mi ricordo male, sei un fanatico del tonno...ci vuoi anche la maionese?”
Mugugno più forte, contrariato.
Perchè la maionese uccide la delicatezza naturale del pesce.

Maggot - Capitolo 5

A Dalila piacevano le calle, perchè da bambina sua madre le coltivava nel giardino ed ogni suo ricordo piacevole dell’infanzia era legato indissolubilmente a quel loro odore fresco.
E, per farle ricordare ogni giorno i giorni spensierati, mentre tornava a casa la sera, Alberto gliene comprava sempre una.

Solo una volta, un mese fa, Alberto mi ha parlato dell’amore della sua vita.
Era un giovedì notte, e, come ogni giovedì notte eravamo sdraiati a vedere le stelle e a dare a quei piccoli punti luminosi nomi assurdi.
Ed era un gioco che lo divertiva sempre molto.
Ma stranamente quella volta, mentre io battezzavo un gruppo circolare di quattro stelle ‘Panda Psichedelico’, lui non rideva sguaiato come al solito.
Singhiozzava rumorosamente, ricordando il passato.

Quel giovedì era il secondo anniversario del loro matrimonio.
Ed era per questo che, condensando tutti i loro 10 anni (9 di fidanzamento (dei quali 3 di convivenza) + 1 di matrimonio) di storia d’amore in 2 ore e mezza, mi raccontò la bella storiella delle calle.

Ma, nella vita di Albie, c’è molto di inventato e poco di vero.

Forse Dalila non è morta, perchè in realtà non è mai esistita.
E forse la foto in bianco e nero che troneggia sull’altarino vicino alla porta che dà sul corridoio è solo un’immagine presa da un giornale.

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Wednesday, June 28, 2006

Maggot - Capitolo 2

Maggot era uno dei casi umani che trattava mia sorella.

Ogni sera mia sorella invitava una ragazza ex-bulimica o ex-drogata a casa e si chiudeva in camera con lei per ore, a pregare davanti ad un armadietto di rovere aperto.
E dopo circa un’ora, di norma, la povera disperata usciva, con il libricino ‘Felicità in questo mondo’ in mano e le lacrime lente che rigavano le guance.
Non so perchè mia sorella lo facesse, ma penso che fosse per qualche cavolata del tipo ‘il mio scopo è aiutare le persone’...

Margot Congo, a differenza degli altri scarti della società, è uscita dalla camera dopo dieci minuti.
Perchè non voleva pregare.
Non voleva bere the caldo allo zenzero.
Non voleva leggere un passo del “Colloquio con i giovani” di Daisaku Ikeda.
Voleva solo che qualcuno l’ascoltasse.
Ed io, quella volta, l’ho seguita correndo, mentre lei piangeva.
E le ho afferrato la mano.

Maggot - Capitolo 3

Prima di Margot e prima di Albie, il lavoro era la mia vita.
E non perchè adoro lavorare, sia bene chiaro.
Ma perchè oltre al lavoro non avevo niente.
Zero vita sociale, niente ragazza, niente partitella domenicale a calcetto.
Niente di niente.
E quindi il sabato andavo a prendere libri, fumetti, dvd e CD, e domenica li consumavo.
E domenica era per me un giorno felice, perchè mi immaginavo di essere un altro e di vivere attraverso quelle pagine e quei supporti magnetici.

A quell’epoca mi capitava spesso di piangere davanti ad un film horror giapponese.
Perchè, per un giorno, smettevo di sentirmi un patetico omuncolo.


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Maggot - presentazione
Maggot è l'ultimo racconto che ho fatto.
Risale a marzo/aprile di quest'anno, se non sbaglio.
E ad esso sono legate tante brutte sensazioni.
In quel periodo trovavo il mio lavoro (faccio con odio il programmatore) davvero angosciante, mi sembrava quasi un mare oscuro in cui ogni giorno affondavo.

E' un racconto che principalmente parla di amicizia.
E di amore.


Maggot - Capitolo 1

Non so bene se è finta o meno.
Sta di fatto che Albie, il mio migliore amico, mi sta puntando una pistola alla bocca, al centro del suo sudicio appartamento.
E non so bene se preoccuparmi o meno.
Perchè Albie è capace di dire e fare ogni cosa, ed io lo so bene.

Quando ci siamo conosciuti, ad una festa alla quale nè io nè lui eravamo stati invitati, lui, rubando dell'argenteria dal cassetto della bianca cucina, mi raccontava di aver visto Gesù dentro ad un vagone della metropolitana, intento a leggere attentamente 'Il Codice Da Vinci".
Ovviamente ho pensato fosse un pazzo, ma non tanto pazzo quanto le persone lobotomizzate e fintamente omosessuali che ballavano canzoni di Mrs. Ciccone dietro la porta chiusa.
Non tanto pazzo quanto me, che prima di conoscerlo pensavo di farla finita per via del mio lavoro di merda.
Ed adesso lui, l'uomo che mi ha dato una nuova speranza, è qui, dinanzi a me, che con voce calma mi impone una scelta.

'DECIDI: ME O QUELLA STRONZA! RISPONDI ATTENTAMENTE...'

Forse sto realmente rischiando di morire, ma non mi importa.
Perchè Maggot, ieri, mi ha detto che mi ama e quindi posso morire in pace.