Wednesday, April 28, 2010
Tuesday, April 27, 2010
Quando si annoiava, Poldo pensava a poesie da dedicare alla bella brunetta piena di pile.
Doveva essere pronto, per quando sarebbe stato rapito.
Non poteva fare brutta figura davanti a lei. Doveva vederlo sempre incredibilmente affascinante e carismatico.
E…aspetta! Come si fa, con una bocca cucita, a recitare una poesia d’amore?
E…recitare una poesia d’amore non è una cosa troppo da mollaccione?
E…se lei poi s’offende, credendo di essere amata solo per le sue pile?
Perso in questi dubbi, Poldo osservava gli uccellini giocare sul terrazzo.
Monday, April 26, 2010
L’unica cosa buona del non saper più dire nulla, era che ora poteva darsi un’aria da silenzioso meditabondo.
Aveva letto di sfuggita su un giornale femminile di Mammina che le donne vanno pazze per l’uomo un po’ introverso, un po’ chiuso, che parlava poco.
E lui parlava poco.
Anzi, non parlava proprio.
E non vedeva l’ora di essere rapito da una bella brunettina innamoratissima, possibilmente figlia di un magnate delle pile zincocarbone.
Sunday, April 25, 2010
Quando sapeva dire “Abbracciami!”, Carmelina lo abbracciava.
Talvolta anche Mammina, quando lo trovava per terra lungo disteso sul pavimento.
Era bello, essere abbracciati.
Ora succedeva solo qualche volta.
Ad esempio, quando la bambina lo spupazzava durante una notte rumorosa.
O quando Enzino provava su di lui la presa dello schiacciatesta vista alla tv.
Thursday, April 22, 2010
Poldo, una volta, sapeva parlare, però.
In verità non parlava sul serio, ma aveva una sorta di macchinario nella pancia che si azionava premendo la pallina plastichina rosa sulla zampa destra.
Altri erano come lui, ma di colori diversi, ed ognuno aveva una parola che sapeva dire.
La sua parola era “Abbracciami!”, ma da circa tre mesi aveva smesso di dirlo.
Forse per depressione, forse perché nessuno gli aveva ancora cambiato le pile.
Wednesday, April 21, 2010
Quando Poldo sedeva al tavolino rosa, non ci stava mai per molto tempo.
Spesso, infatti, la grossa testa scendeva sul petto, fino a farlo cadere dalla sedia con una piroetta.
Altre volte, la grossa testa si piegava di lato, facendolo scivolare lentamente per terra.
Insomma, non sembrava che l’orsetto e la bambina prendessero il tè.
Sembrava più che Carmelina giocasse a una versione tutta sua del ping pong, che consisteva nel prendere al volo la testona del pupazzo prima che cadesse sul pavimento.
Tuesday, April 20, 2010
Poldo sedeva ad un tavolino di plastica rosa con Carmelina, a parlare del più e del meno.
O meglio, la contessina Carmelina De Carmelinis stava prendendo un tè con il barone Poldesque e parlava del più e del meno, trangugiando con gusto un tè invisibile.
Monday, April 19, 2010
“Botty, ci conosciamo da tanto tempo ed ormai si può dire che tra noi c’è una bella amicizia sincera e…e…sei l’unico che riesce a leggermi nel pensiero e..e…e…ecco, sai cos’è un morto, vero? Certo che lo sapete, voi dello spazio…Ecco, io ti sembro un morto, Botty?” – pensò Poldo, riferendosi a Botty, che era sdraiato per terra a godersi il sole che proveniva dalla porta finestra.
“BZZZ BZZ BZZZ” –rispose Botty, fragorosissimo come non lo era mai stato.
Come i veri eroi tutti d’un pezzo, Botty rideva spavaldo in faccia ad ogni cosa triste, perfino alla morte.
Oppure rideva per non pensarci.
Sunday, April 18, 2010
La vita di Poldo non era una vita perché vita non aveva.
L’aveva capito da un po’ e da un po’ perciò era triste.
Aveva capito origliando i discorsi dei grandi che la vita era quella cosa che faceva muovere senza aver bisogno di una Carmelina.
E se uno era senza vita, veniva chiamato morto.
E di solito puzzava.
E si sentì comunque un po’ puzzolente.
Senza dubbio, era un morto.
Thursday, April 15, 2010
Mammina e Papino, a differenza di Carmelina e Enzino, erano dei giganti con gambe lunghe lunghe e le mani sempre pulite.
A quanto aveva capito Poldo, dalla pancia di Mammina erano usciti i bambini e Papino li portava a scuola guidando una nave spaziale a forma di auto marrone.
Ecco, forse Mammina e Papino erano degli alieni e Botty era lì a spiarli.
Già, per Poldo doveva essere per forza così.
E pregava il Gran Giocattolaio di tenere in vita almeno Carmelina, se fosse scoppiata una guerra planetaria in casa loro.
Senza Carmelina, nessuno lo avrebbe spolverato.
Wednesday, April 14, 2010
Poldo aveva un amico.
Si chiamava Botty ed era proprietà di Enzino, il fratellino di Carmelina, e qualche volta giaceva anche lui per terra, con la faccia attaccata al pavimento.
Sul petto aveva scritto in caratteri cubitali Space Robot, che in inglese significa Robot Spaziale.
Cosa ci facesse un robot spaziale a casa loro, era un mistero che gli dava fascino.
Forse era in vacanza, forse era in missione segretissima.
Qualche volta, Botty e Poldo si facevano delle gran discussioni.
Poldo pensava alla polvere, alle lavatrici e al russare di Carmelina e Botty rispondeva ai pensieri con fruscii e esplosioni.
A volte, rispondeva con un gran fracasso di bombarde che durava per ore.
Altre volte, rispondeva con borbottii mesti.
Altre volte non rispondeva proprio, forse perché era nervoso o perché aveva passato una brutta giornata.
“Forse” – Poldo rimuginava – “anche lui è terrorizzato dalla polvere, ma cerca di andare avanti, nonostante tutto. Che robot di valore, il mio amico Botty!”
Tuesday, April 13, 2010
Poldo odiava la polvere ed amava la pulizia.
La polvere lo faceva sentire sporco e gli si attaccava di continuo alla pelliccetta, quasi per dispetto, e lui ne soffriva molto.
Se fosse stato capace di dormire come i bambini, di sicuro avrebbe avuto incubi alla polvere.
Ma non poteva.
Poteva stare solo con gli occhi spalancati tutto il tempo, perché il Gran Giocattolaio non l’aveva munito di palpebre.
E quindi passava le sue notti terrorizzato dalla polvere, costretto a fissare con invidia il profondo sonno di Carmelina.
Poldo era un tipo precisino ed odiava sentirsi chiamare “orsetto”.
Al compleanno di Carmelina, ne aveva visto uno vero allo zoo e non sentiva di assomigliargli poi tanto.
L’orso vero dello zoo era molto più grosso di lui ed aveva zampe possenti, mentre lui era piccolo con zampe piccole.
L’orso vero dello zoo aveva un naso umido e che si muoveva, mentre lui aveva un triangolino marrone attaccato in mezzo alla faccia.
Per giunta senza narici.
Insomma, era ridicolo, accostarlo ad un orso.
“Forse”- Poldo rimuginava – “sono una razza non ancora catalogata, un esponente dei Poldo!” e pensava di dover scrivere un libro sull’argomento.
Ma non poteva.
Le sue zampe non riuscivano a scrivere.
Erano solo salsicciotti morbidi e senza vita, buoni solo a spostare la polvere.
E Poldo odiava la polvere.